Piedimonte dopo il Coronavirus. Un patto per la comunità.

Una crisi come questa, improvvisa e violenta, ci colpisce e ci obbliga a ridefinire le nostre vite. Siamo tutti consapevoli di essere davanti ad un evento straordinario, con così tanti impatti, sul piano sanitario, sul piano politico, sul piano culturale, sul piano economico e su quello sociale, che è impossibile oggi prevedere come sarà il nostro domani.

Sappiamo però che molte cose non saranno più come prima e che quello che pensavamo essere il “mondo normale” forse non tornerà più. Ma davvero quello che consideravamo il mondo normale era il migliore dei mondi possibili?

Prima che il corona virus si manifestasse con tutta la sua veemenza, è bene ricordarlo, vivevamo in un mondo in crisi, dalle prospettive incerte, con enormi problemi sociali ed ambientali, e probabilmente destinato ad un futuro assai difficile.

La pandemia, accelerando quella crisi, può trasformarsi in una straordinaria opportunità per ridisegnare il mondo, riportarlo a condizioni sostenibili ed invertire il processo di declino al quale sembra inevitabilmente destinato.

La straordinaria capacità di reazione mostrata finora, infatti, ha fatto emergere aspetti positivi che possono rappresentare i fattori sui quali costruire una “società della cura” che ridefinisca il nostro modo di stare insieme, il nostro modo di essere comunità, e nella quale non prevalga la logica dell’individualismo e della competizione egoistica ma quella della solidarietà, del bene comune, della coesione sociale.

La crisi sanitaria ha innanzitutto messo in evidenza l’importanza decisiva della responsabilità individuale. Questa emergenza ci ha ricordato che ogni singolo individuo ha un ruolo cruciale per il benessere collettivo. La responsabilità dimostrata rispettando regole e divieti, rimanendo per lungo tempo isolati e spesso lontano dagli affetti più cari, è stata una grande prova di maturità civica. Se siamo riusciti a contenere il contagio è stato proprio per questa grande dimostrazione di responsabilità individuale.

In secondo luogo ha confermato con forza che, riprendendo le parole di Papa Francesco, nessuno si salva da solo. Mai è risultato così evidente, infatti, quanto le nostre vite siano indissolubilmente legate e quanto il nostro destino individuale dipenda dal nostro destino collettivo. Abbiamo bisogno gli uni degli altri e questo non è vero solo per la salute ma anche per il nostro benessere economico e sociale. I tantissimi volontari, che in questa emergenza si sono attivati per offrire aiuto alle persone più fragili, ne sono la testimonianza più forte e più bella.

Infine è emerso con chiarezza quanto sia necessario un “progetto comune” che raccolga tutti in una unione di intenti. Le persone, infatti, mobilitate per il raggiungimento di un comune obiettivo (la salvaguardia della salute di tutti), hanno partecipato ad un progetto collettivo che ha prodotto non solo il rallentamento del contagio ma ha rinsaldato i legami sociali e ha alimentato la consapevolezza della comune interdipendenza e di quale straordinaria forza di cambiamento possa essere l’impegno collettivo. Abbiamo bisogno di un “progetto comune” e la comunità, come “luogo” in cui lo sforzo collettivo si concretizza, è l’unica possibile soluzione alle nostre paure e alle enormi sfide che siamo chiamati ad affrontare.

Ecco quindi che una “società della cura”, fondata sul “bene comune”, può diventare il progetto collettivo in grado di unire tutti ed essere il luminoso orizzonte comune di cui abbiamo bisogno.

Un nuovo modello di società, nel quale l’io ed il noi coincidano, ha bisogno, però, dell’assunzione di responsabilità da parte di tutti. Ecco perché è necessario che ognuno si impegni a sottoscrivere un personale “Patto per la Comunità”, cioè a mettere costantemente a disposizione della città parte del proprio tempo e delle proprie energie per prendersi cura degli spazi pubblici cittadini come i giardini, le fontane, le strade, le piazze, la villa comunale, i monumenti, i centri storici, ma anche prendersi cura dei beni comuni “immateriali” come la salute, la coesione sociale, l’ambiente, il paesaggio, la cultura, la legalità, ecc.

Un impegno individuale che si trasformi in impegno collettivo e che si realizzi nella nostra città, là dove ognuno di noi vive e opera, perché è il luogo dove è possibile agire concretamente per noi stessi e per gli altri.

Piedimonte ha bisogno di questo impegno. Da tempo ormai la nostra città vive una condizione di difficoltà che non può essere superata se non attraverso un rinnovato impegno civico. Il Covid-19 rischia di peggiorare ulteriormente la situazione acuendo un malessere ed una sfiducia che impediscono ogni reazione e che ci trascinano irrimediabilmente al declino.

Per questo a breve proporremo due iniziative per la nostra città (un “Laboratorio per i Beni Comuni” ed un “Festival di Comunità”) con lo scopo di mettere insieme tutti coloro che vorranno impegnarsi per il bene comune che è di tutti e, quindi, anche di ognuno di noi.

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