elezioni astensionismo

Elezioni 2018, combattere l’astensionismo significa «reintermediare». Ma come?

Manca poco ormai alla chiamata alle urne: domenica, 4 marzo 2018, si tornerà a votare per eleggere il nuovo Parlamento. Quasi 50 milioni di italiani, infatti, dovranno recarsi ai seggi elettorali per il massimo esercizio della democrazia: il voto dei rappresentanti-governanti.

Nella provincia di Caserta sono circa 700mila (per la Camera dei Deputati) e 600mila (per il Senato) gli aventi diritto al voto. Ma quanti tra questi si sono recati alle urne in occasione delle ultime elezioni politiche del 2013? E, soprattutto, come hanno votato?

RISULTATI ELEZIONI POLITICHE 2013

Elezioni astensionismo
Fonte: Ministero dell’Interno. Consultare la legenda in basso da sinistra verso destra.

 

Elezioni astensionismo
Fonte: Ministero dell’Interno. Consultare la legenda in basso da sinistra verso destra.

Per quanto riguarda i risultati della Camera dei Deputati, la maggioranza (32,32%) ha sostenuto il vecchio partito di Silvio Berlusconi (Il Popolo della Libertà) — oggi di nuovo in competizione con Forza Italia —, seguito dal Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo (21,62%) e dal Partito Democratico (19,52%) dell’allora segretario Pierluigi Bersani (adesso candidato con Liberi e Uguali).
Al Senato, invece, Il Popolo della Libertà è risultato sempre il più votato (34,72%), stavolta seguito prima dal PD (21,4%) e poi dal M5S (20,68%).

VOTANTI vs ASTENUTI

Elezioni astensionismo
Fonte: Ministero dell’Interno

Come si evince dal grafico a torta qui in alto, solo il 68% degli elettori casertani si è recato alle urne, un dato che è nettamente inferiore a quella che è stata l’affluenza nazionale nel 2013, pari al 75,2%.
L’astensione, invece, ha registrato un 32%: significa che su circa tre casertani, uno non è andato a votare.

 

DISINTERESSE, INSODDISFAZIONE, MA SOPRATTUTTO SFIDUCIA…

Se ne parla poco nel circuito mediatico, però l’astensione elettorale è un tema di rilevante importanza. Anche a questo turno, la “coalizione degli astensionisti” sembrerebbe essere la più vicina alla vittoria (gli ultimi sondaggi l’hanno stimata oltre il 30%). Ma chi sono gli astensionisti?

Da una parte ci sono i disinteressati, coloro che non hanno, forse, mai votato in vita propria e che, quasi sicuramente, non sanno nemmeno che il prossimo 4 marzo ci sono le elezioni. Questa fetta di elettori è quasi irrecuperabile o, almeno, non c’è campagna elettorale che riesca in tal senso.
In aggiunta a questi, ci sono cittadini che provengono dai più disparati schieramenti ideologici (moderati, destra, sinistra) e post-ideologici (M5S). Sono anziani, ma anche giovanissimi, sono tutti quei cittadini arrabbiati, delusi, insoddisfatti dall’operato politico degli ultimi tempi, che nutrono poca o nessuna fiducia nei confronti dei politici e delle istituzioni ma che, almeno a livello cognitivo, hanno qualche predisposizione alla partecipazione: vogliono poter dire la propria ma in un altro contesto.

Elezioni astensionismo
Fonte: Demos 2017

Dalla Tabella in alto è chiaro che sia i partiti politici che il Parlamento godano della più bassa fiducia da parte degli italiani (rispettivamente il 5% e l’11% degli italiani). Mentre, il più affidabile è Papa Bergoglio (77%) seguito dalle Forze dell’Ordine (70%) e dalle scuole (53%). Guardando l’ultima colonna a destra della Tabella (quella in verde chiaro), è evidente che negli ultimi 10 anni (2007-2017) la maggior parte delle istituzioni riportate da Demos ha subito un calo della fiducia da parte dei cittadini.

Partendo dal presupposto che l’astensionismo si combatte, in primis, con la buona politica, fenomeno a cui, oggettivamente, non siamo molto abituati, è chiaro che un “piano B” per aumentare il livello di fiducia nei confronti delle istituzioni è sicuramente il coinvolgimento diretto dei “disincantati” e risanare il legame venuto meno.

Siamo stati illusi dal fatto che, con l’era di Internet e del digitale, il fenomeno della disintermediazione (ossia il luogo in cui mi «autodefinisco», un esempio sono i social network che ci permettono di informarci direttamente dai canali dei leader politici bypassando, talvolta, i mezzi di informazione) potesse ridurre le distanze creatisi, nei decenni scorsi, tra governanti e governati, e quindi poter ristabilire un contatto diretto con i cittadini, provando a recuperarli dal vortice della sfiducia. Ciò non è avvenuto, in verità, e il distacco dal mondo della politica, come testimoniamo i dati mostrati prima, aumenta sempre di più.

È necessario, allora, che nell’era della disintermediazione (comunque utile e necessaria per tante ragioni di cui non parleremo in questa sede) si pratichi reintermediazione: intermediare nuovamente, nell’era della disintermediazione e della ingannevole vicinanza, tra le élite politiche e i cittadini comuni (il popolo).

Ma che significa in concreto «praticare reintermediazione»? Significa, in primis, ricostruire i partiti, soprattutto a livello locale, e invogliare le persone a farne parte, a contribuire, a ridare significato alla politica, a confrontarsi, a individuare insieme i problemi, a rendere i cittadini protagonisti.

Ma quello della reintermediazione non è un compito esclusivo della politica! Grande importanza in questo processo va anche all’associazionismo: una società migliore è senza dubbio quella in cui l’impegno sociale degli individui che ne fanno parte sia profuso ai massimi livelli. Allora bisognerebbe aprirsi ai cittadini, tenerli aggiornati sulle attività, invogliarli a iscriversi, a essere il motore sociale della propria comunità.

Infine, la responsabilità maggiore va attribuita alla stampa: gli organi di informazione non hanno mai perso la loro funzione di mediazione tra società e politica ma oggi il loro lavoro, in tal senso, è più necessario che in altri tempi. Le narrazioni giornalistiche (ma soprattutto il dibattito politico) da anni ormai, sono intrise di un sentiment il più delle volte negativo, in particolare quando si parla di politica. Non bisogna raccontare bugie, ovvio. Ma nemmeno ignorare le sfumature belle della politica, perché, diciamocelo: i politici non sono tutti corrotti, collusi e nullafacenti. Alimentare odio e critiche, talvolta ingiustificate, non costruisce una buona società. E, per i portali di informazione locale: fidatevi, anche l’ottimismo può portare qualche click in più al vostro sito.

In conclusione: Fare Comunità mira soprattutto a questo, ossia riscoprire il valore della collettività nelle sue pratiche di partecipazione (e, quindi, di reintermediazione).
Non siamo qui a chiedervi di votare il 4 marzo, ma di interessarvi dei vostri luoghi, di trovare la vostra vocazione più utile e necessaria per la vostra comunità. Perché ne abbiamo bisogno tutti. Insieme possiamo cambiare quel contesto che non soddisfa, non permette ai cittadini, in quanto frustrati, di poter esprimere il proprio voto e genera inevitabilmente astensionismo. È questa la vera crisi della democrazia, ossia l’assenza di riferimenti in cui potersi compiacere.

In ogni caso, ci interessa sapere come vi comporterete tra una settimana. Ecco perché abbiamo inserito questo piccolo sondaggio. Le risposte saranno assolutamente anonime e non avranno alcuna rilevanza scientifica.

Grazie e buona partecipazione a tutti!

Domenica prossima, 4 marzo, si va a votare per le Elezioni Politiche 2018. Cosa farai?

 

Andrea Palumbo

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