cittadini attivi

Essere cittadini attivi: solidarietà, sussidiarietà e funzione educativa

Nel precedente numero di Fare Comunità abbiamo parlato di amministrazione condivisa quale modello governativo che, sulla base di specifici regolamenti e dei cosiddetti patti di collaborazione, permette ai cittadini, come singoli o associati, di prendersi cura dei beni comuni.

Ciò significa che i cittadini sono titolari del diritto ad occuparsi dei beni comuni e, più ordinariamente, delle questioni di interesse generale.

I soggetti nati con la riforma costituzionale del 2001 (Riforma del Titolo V) non sono più, amministrativamente parlando, individui passivi, governati e assistiti, bensì sono diventati cittadini attivi, ossia alleati delle amministrazioni per quanto concerne la gestione della cosa pubblica ai fini dell’interesse generale.

Ma cos’è l’interesse generale? Riguarda tutto ciò che ha a che fare con la solidarietà e la sussidiarietà e che contribuisce, attraverso la sua realizzazione, al pieno sviluppo di ogni essere umano in virtù dell’art. 3, comma 2, della nostra Costituzione.
Il sociologo Gallino, nel Dizionario di Sociologia risalente al 1978,  associa alla “solidarietà” tale definizione: «Termine […] per designare la capacità dei membri di una collettività di agire nei confronti di altri come un soggetto unitario». 
Per sussidiarietà (in senso orizzontale), si intende invece la possibilità per i cittadini e/o associazioni, laddove ne siano in grado, di svolgere una funzione pubblica che sia sempre di interesse generale.

«È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese»

[art. 3, comma 2, Cost.]

«Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà»

[art. 118, comma 4, Cost.]

Ma allora qual è il profilo distintivo dei cittadini attivi?

Sono innanzitutto individui autonomi, che possono agire da volontari (e quindi da membri di un’associazione) o da semplici cittadini interessati a operare per la comunità con lo scopo di migliorare la propria vita e quella degli altri.

Hanno una grande forza di volontà: non ricevono alcuna remunerazione economica, si mettono in gioco per l’interesse di tutti in quegli ambiti di intervento che sono di tutti (ambiente, territorio, acqua, istruzione, salute, legalità, beni culturali, eccetera), rispettando i valori della gratuità, solidarietà e utilità sociale.
I cittadini si attivano perché sanno che il loro contributo, seppur occasionale, può aggiungere valore alla comunità, ma questo non significa che devono sostituirsi all’amministrazione o che quest’ultima “sfrutti” le loro libere iniziative. In ogni caso, per quanto riguarda i Patti di collaborazione promossi da Labsus, è stato ideato il primo strumento assicurativo italiano interamente indirizzato ai cittadini attivi (per saperne di più, clicca qui).

Dato che perseguono l’interesse generale (che in sé include l’interesse sia pubblico che privato), sono in una posizione sovraordinata, da un certo punto di vista, rispetto alle amministrazioni, le quali hanno come scopo principalmente l’interesse pubblico.

Producono capitale sociale — vale a dire l’insieme delle relazioni sociali in un determinato contesto — e, in tal senso, facilitano la coesione, l’integrazione, la ricostruzione di legami, consentendo la nascita di rapporti di fiducia tra le persone, che rappresentano una dimensione fondamentale e imprescindibile per la buona riuscita dell’opera di rigenerazione e cura di un qualsiasi bene comune.

Infine, essi svolgono un ruolo pedagogico: possono esercitare una funzione educativa nei confronti degli altri soggetti del territorio. Cercano, dunque, di cambiare la realtà delle cose con il “dare esempio”.

Che dite, ci proviamo?

 

Andrea Palumbo

 

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